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Salve, intanto la ringrazio per aver condiviso la sua storia ed i suoi stati d’animo correlati ad essa. Comprendo che non sia facile vivere in un ambiente familiare non supportivo e dalle dinamiche relazionali problematiche. In questo contesto i ruoli sembrano non essere rispettati, anzi forse capovolti. Lei ha comunque saputo districarsi nel suo ruolo di figlia e nell’accudimento dei suoi genitori.
Purtroppo quest’ambiente è diventato condizionante ricreando in lei delle difficoltà. Ad esempio bassa autostima, il sentire di non meritare affetto e amore, il condizionarsi in funzione della propria famiglia. Anche all’interno del contesto familiare tendono a svilupparsi i primi apprendimenti in ambito relazionale. Purtroppo è proprio quest’apprendimento che la porta a gestire i rapporti all’esterno allo stesso modo. Farsi carico delle preoccupazioni altrui, mettere in atto un atteggiamento estremamente servizievole e la sfiducia nell’affidarsi a qualcuno.
E’ giusto che i figli si occupino dei genitori. Una famiglia, però, deve permettere di sperimentare la propria individualità ed identità e rappresentare quel luogo nel quale tornare dopo essersi messi in gioco, deve rappresentare un porto sicuro. E’ importante comprendere anche che la gestione delle proprie dinamiche relazionali non va vissuta in funzione della doverizzazione e di un rapporto unidirezionale. All’interno della relazione è importante che lei metta anche se stessa, non in funzione di cosa deve e non deve fare. E’ importante che lei rispetti i suoi bisogni e dei suoi desideri come l’essere ascoltata, l’essere presa in considerazione, l’essere supportata.
Le consiglierei di rivolgersi ad uno psicoterapeuta che la possa aiutare a capire e modificare il suo modo di relazionarsi. Sarebbe opportuno ricreare un approccio diverso alla relazione nel quale poter vivere, in modo sano, doveri non soltanto nei confronti degli altri ma anche nei confronti di se stessa.
Cordiali saluti
Federico Baranzini
Buongiorno, la ringrazio per aver condiviso la sua situazione sentimentale e per aver chiesto aiuto. Noto con piacere che è a consapevole di ciò che vorrebbe in futuro. Sembra avere le idee abbastanza chiare rispetto al desiderio di avere un figlio, però ciò che emerge è il suo senso di lottare nel rapporto di coppia in funzione di quest’aspetto.
In riferimento a ciò e riportando ciò che ha scritto: “Ho paura che lei non ne abbia intenzione”, parla di paure, ma quanto queste paure sono solo le sue e pertanto frutto di una sua insicurezza dettata dalla lettura soggettiva dei comportamenti della sua compagna? Quanto, invece, sono frutto di un mancato dialogo con lei? Ha mai provato a condividere con la sua compagna questa necessità o comunque questo suo progetto futuro?.
E’ vero, la sua compagna ha avuto ciò che lei vorrebbe avere, ma ciò non esclude il fatto che, parlandogliene, non possa conoscere il suo desiderio e capire se veramente è anche il suo. Le consiglio anche di condividere con la sua compagna il suo bisogno di maggiore presenza, di maggiori attenzioni che in questo momento lei rivolge a suo figlio. In questo modo potrebbe anche avere maggiormente chiaro il motivo della sua freddezza, se di freddezza si può parlare e non di doveri da mamma. In questo modo non dovrà lottare nel rapporto di coppia, ma condividere ciò che per lei è importante.
Cordiali saluti
Federico Baranzini
Salve, la ringrazio per aver usufruito di questo spazio per condividere i suoi pensieri e per aver fatto riferimento alla sua situazione sentimentale. Non sempre è così immediato trattare tematiche intime come la propria relazione e i problemi ad essa connessi. “Non riesco ad ascoltarmi e non so cosa voglio” è la sua affermazione rispetto alle problematiche di coppia che riporta. Eppure leggo che, dopo aver preso la decisione di distaccarsi per un pò di tempo dal suo partner, qualcosa è successo, qualcosa è stato percepito. Riferisce, infatti, di non essersi più “martoriata” il cervello con dubbi, domande, perplessità, ma di aver percepito una sensazione di serenità. Questo elemento è importante perchè in qualche modo è sinonimo di ascolto delle sue sensazioni, emozioni e stati d’animo.
Probabilmente necessita di ancora più tempo per comprendere, oltre il suo stato d’animo, anche i sentimenti che prova nei confronti del suo partner e se veramente il problema di fondo è la genitorialità e la decisione di avere uno o più figli. Ma soprattutto quanto ciò che lei definisce ‘vincoli’ nella sua relazione siano davvero vincoli da cui non riesce completamente a prescindere. Sfrutti questo momento di pausa e di lontananza per avere un quadro completo della situazione senza pensare che la sua tranquillità mentale sia un ostacolo o sia del tutto sinonimo di perdita del sentimento. Per prendere delle decisioni che possano cambiare il decorso della propria vita è necessario porsi in una condizione di serenità.
Cordiali saluti
Federico Baranzini
Salve,
la ringrazio per aver condiviso i suoi disagi e noto con piacere la sua voglia di risolverli. Tale disagio sembra essere in grado di invalidare la sua vita e le sue relazioni interpersonali.
Sarebbe opportuno comprendere se il suo imbarazzo, la sua vergogna, ad esempio nel guardare negli occhi i suoi coetanei, nel salutarli o nel soffermarsi con essi, sia il risultato di un’ansia di base che trova le sue radici nella paura di essere giudicato, di essere valutato o al contrario nell’ansia di essere notato e considerato. Qualcosa mi fa pensare che sia proprio quest’ultimo l’aspetto prevalente: ha sottolineato in più passaggi del testo che tanto gli altri se ne accorgono… Forse è proprio qui il punto: si vergogna forse del suo stesso desiderio/aspettativa di essere visto e riconosciuto? Cosa è accaduto o cosa accadrebbe se lei si esponesse al contatto, anche visivo, con gli altri? Quali conseguenze potrebbe avere? Teme forse che salutando o incrociando lo sguardo possa farsi testimone agli altri di qualcosa di sè stesso che per qualche motivo inconscio non ritiene meriti attenzione ?
E’ importante non solo valutare il dato di fatto ovvero la sua difficoltà relazionale, ma capire anche quali possano essere i pensieri che si innescano e le paure (e le fantasie?) conseguenti al contatto con i coetanei. Questo potrebbe anche aiutare a capire se è corretto parlare di timidezza come tratto temperamentale o parlare di ansia.
Le consiglierei di chiedere un aiuto ad uno psicoterapeuta, forse meglio se ad indirizzo psicoanalitico, con il quale comprendere la natura del suo imbarazzo e della sua vergogna e trovare le giuste strategie per fronteggiarli.
Cordiali saluti
Federico Baranzini
Caro Massimo,
accolgo la sua richiesta e mi chiedo se ciò che ha affermato nel titolo nei confronti della sua ragazza, in riferimento ai problemi di bulimia e di personalità borderline, siano frutto di una sua valutazione o siano stati diagnosticati da un collega, forse chi ha in cura la sua ex ragazza. In ogni caso le si pone il problema di come gestire la relazione e i viraggi della ragazza. E’ caratteristica centrale dei disturbi di personalità borderline una instabilità delle rappresentazioni proprie e altrui (e quindi delle relazioni nelle quali tali persone sono impegnate), una difficoltà nella gestione delle relazioni e degli affetto collegati e un senso di vuoto che può essere colmato in differenti modi, più o meno disfunzionali.
Non è semplice parlare di queste tematiche e comprendo il suo malessere in quanto non è facile relazionarsi con una persona che cambia idea in maniera così repentina e rimanda un senso di precarietà e instabilità alienante. Mi chiede e si chiede “perchè continua a scrivermi anche se non mi ama più?” . Difficile capire se l’ama ancora o meno, ma sicuramente cercare la vicinanza di qualcuno anche se con alti e bassi può rappresentare la scelta meno peggio rispetto al tornare a provare il vuoto di cui sopra. Trovare la giusta distanza è difficile e in attesa che la si raggiunga (a volte anche mai) si continua a oscillare tra avvicinamenti repentini (da lei ben descritti), in cui sembra come per magia andare tutto benissimo, e allontanamenti altrettanto repentini e scatenati da eventi grilletto spesso insignificanti o banali.
Le sue considerazioni rispetto al fatto che questa relazione non rappresenti un rapporto sano non sono sbagliate in quanto un rapporto non dovrebbe essere basato su perplessità continue e sentimenti altalenanti, anche se in questo caso sembra esservi qualcosa che si oppone, almeno nella sua ex ragazza, all’instaurarsi di una relazione sufficientemente sana (un disturbo meritevole di approfondimenti?). Le consiglierei di soffermarsi a riflettere sulla condizione di vuoto che lei ha vissuto e che sembra fare eco a quella della sua ex ragazza : ha davvero bisogno per tappare quel vuoto di una relazione così?
Cordiali saluti
Federico Baranzini
Gentilissima LadyM,
accogliendo i suoi dubbi e la sua perplessità per non sapere cosa fare la vorrei far riflettere su alcuni aspetti.
Il fatto di mostrare momenti di cedimento, momenti in cui lei stessa si sente in difficoltà e mette in discussione la sua relazione non va vissuto come senso di colpa nei confronti del suo ragazzo. Ma come la presa d’atto di propri limiti (quanti ne ha il suo ragazzo?) e spunto per una riflessione. E’ lecito porsi delle domande soprattutto se si pensa di aver raggiunto il proprio limite e di vivere una condizione di malessere. Una coppia non è formata solo da una singola persona ed i problemi di uno potrebbero incidere sull’altro. Mi pare si ponga una questione di “risorse”, le risorse messe in campo non sono o non sono state eque, non mi pare che senta di ricevere quanto invece è stata in grado di dare ed ora che anche lei è in difficoltà la relazione è a rischio.
Un secondo aspetto su cui la invito a riflettere è questo: quanto è veramente convinta sia corretto al fine di aiutare il suo ragazzo, mostrarsi sempre pronta, sempre presente, sempre energica, sempre supportiva e così via? Voglio dire, è veramente convinta che per aiutare una persona che ha delle difficoltà così importanti ci si debba mostrare “invincibili” e infaticabili? O forse vale proprio il contrario? Darsi un limite e rispettarsi prendendo atto di quella che appare come la “verità per sè” non è forse il modo migliore per indurre lo stesso comportamento/atteggiamento nell’altro?
Credo che, in funzione dei dubbi e della difficoltà nel prendere una decisione, ma soprattutto in funzione della difficoltà nel comprendere e trovare il giusto atteggiamento per fronteggiare i problemi riportati, sarebbe opportuno che lei si facesse aiutare in modo più specifico da uno psicoterapeuta. Lo stesso devo dire potrebbe valere per lui. Certo i farmaci aiutano ma non possono tutto. Ciò la aiuterebbe a trovare la giusta strategia per far fronte a queste vostre problematiche. Questo modo le permetterebbe, inoltre, di non sottovalutare la fatica che fa (e guardi che è reale, non una sua invenzione) ed il senso di cedimento che sta vivendo.
Cordiali saluti
Federico Baranzini
Caro Marco,
intanto la ringrazio per aver condiviso il suo malessere ed il suo disagio.
Mi chiedo, però, quanto sia importante fare lo stesso con sua moglie. Un ottimo passo verso la presa di consapevolezza dei problemi e la risoluzione di questi ultimi potrebbe essere proprio la loro comunicazione. La verbalizzazione a sua moglie dei suoi problemi potrebbe aiutare la coppia in quanto lei, che vive un disagio, potrebbe sentirsi alleggerito dal peso che si porta e, sua moglie, venendo a conoscenza del suo malessere potrebbe avere un’idea più chiara della situazione. Ma poi chi glielo dice che sua moglie non vivalo tesso e allo stesso suo modo sia inibita dal parlarne? Cosa ha da perdere in fondo? Inoltre, aprirsi e esternare il suo disagio interiore potrebbe gettare le basi per decidere insieme il da farsi.
All’interno di una coppia la comunicazione rappresenta un elemento saliente ed imprescindibile. Se non dovesse riuscire da solo ad effettuare quest’apertura con sua moglie, le consiglierei di rivolgersi ad un professionista che la possa aiutare a venire a patti con i suoi sensi di colpa e a comunicare in maniera assertiva i suoi pensieri ed il suo stato d’animo. Anche giungendo a rispettarsi di più. Non crede?
Cordiali saluti
Federico Baranzini
Cara Marina,
la ringrazio per l’apertura e per aver mostrato il desiderio di condividere il suo malessere. Per quanto non sia ben definita la tempistica con cui i suoi problemi si siano ripresentati in seguito all’interruzione della terapia a cui lei si è sottoposta e, contemporaneamente, non sia ben definito che genere di terapia lei abbia perseguito, se una farmacoterapia o una psicoterapia, è importante analizzare il dato che porta, ovvero la ripresentazione dei sintomi. Sulla base di quanto notato, sarebbe opportuno in primis riprendere il percorso precedentemente intrapreso in quanto le terapie impiegate per la cura dei disturbi psicologi vanno discusse con il medico o con lo specialista che la seguiva per fare il punto della situazione e decidere assieme, se è il caso di interrompere. E’ un piacere leggere che, in seguito a questo percorso intrapreso, lei si sia sentita meglio ma è proprio lo specialista che, insieme a lei, può valutare il miglioramento conseguito ed il perdurare di quest’ultimo. Perchè non riprovare? Forse parte del suo problema è proprio che fatica molto a chiedere aiuto e ad affidarsi un po’ di più a chi la può aiutare…
Cordiali saluti
Federico Baranzini
Gentile Sigra Nina
quanto certe dinamiche si ripetono così caratteristicamente nella nostra vita è necessaria una pausa di riflessione per chiedersi se non siamo noi in qualche modo a farle accadere, o almeno in parte.
Per questo accolgo la sua riflessione in merito e l’intuizione che ne deriva: è lei il problema? Io direi che più che “lei” è un qualche aspetto, evidentemente inconscio, che la abita e fa muovere e agire in modi che alla fine non le sono consoni e favorevoli. La paura di perdere la persona amata? Forse si.
Credo utile per lei un consulto psicoterapeutico per valutare la possibilità di avviare una sua analisi personale.
Cordiali saluti
Federico BaranziniBuongiorno Sofia,
provo a darle una risposta anche se ovviamente non conosco nulla di lei e della sua amica e del vostro legame. Posso però dedurre che questo legame sia qualche cosa che va al di là di una conoscenza e almeno per lei sembra sconfinare in qualcosa dalla natura “ossessiva” e per certi versi forse un po’ simbiotica.
Non ho compreso se esista una legame sentimentale tra voi, ma in ogni modo mi pare ipotizzabile una sorta di “infatuazione” e “ammirazione” per una persona che da lei, o da una parte di lei, è stata eletta suo alter ego, un alias, più funzionante e efficiente. Come se inconsciamente avesse riposto in questa persona e quindi nel vostro legame molte speranze o aspettative (sue) di riscatto e successo.Credo utile poterne parlare con un collega per meglio mettere a fuoco la natura di tale rapporto e identificare le leve su cui andare a lavorare per poterla aiutare a stare meglio.
Cordiali saluti
Federico Baranzini
Buongiorno Sigra Titti
quanto descrive sembra appartenere alla classica sintomatologia ansioso ossessiva che si può presentare tra altri sintomi con la comparsa di immagini mentali intrusive, specialmente in momenti di calma e inattività, dal contenuto angoscioso o terrifico.
Comprendo la sua preoccupazione ma la invito a non drammatizzare soprattutto per il bene dei suoi figli e a non considerarle delle premonizioni. Sono unicamente pensieri ossessivi, intrusivi e ripetitivi prodotti erroneamente dalla sua mente.La buona notizia è che si possono curare e anche eliminare: esistono cure farmacologiche e psicologiche per questo scopo.
La invito pertanto a contattare un collega per poterne parlare, confermare la diagnosi e quindi avviare una cura.
Cordiali saluti
Federico Baranzini
Cara Vale
è come dice lei: a testa bassa o si prendono grandi cantonate e si ingoiano grossi rospi o si carica e si sfondano le linee nemiche…
Scelga lei… è evidente che dopo 7 anni siete arrivati ad un passaggio fondamentale… o meglio: lei è arrivata, il suo compagno forse un po’ meno. Deve maturare ancora un po’, ma lei non si deve per questo sentire in colpa e obbligata a stare ad aspettare… a testa bassa… la alzi ogni tanto!
Cordiali saluti
Federico Baranzini
Buongiorno
la visione esterna è chiara: lei ha un problema relazionale di dipendenza e immaturità affettiva. E’ ambivalente verso i suoi bisogni di autonomia e autostima per cui alterna atteggiamenti patologici di controllo ossessivo e assillante a agiti di rifiuto e allontanamento. Le serve una mano. Se la lasci dare. Si guardi intorno. Cerchi uno psicologo o uno psicoterapeuta con cui avviare qualche colloquio di inquadramento per, poi, una volta messo a fuoco il problema decidere come procedere con una eventuale terapia.
Cordiali saluti
Federico Baranzini
Caro Ludovico,
purtroppo i genitori non si scelgono ma sono e saranno sempre i “nostri” genitori. Sta a lei, ai figli di genitori come i suoi, fare quello che loro non sono stati in grado di fare realmente: crescere e accettare le regole della vita! Iperproteggere i figli, addossare e proiettare paure, ricattare per mantenere intatto il nucleo familiare… sono aspetti non funzionali e corretti per una sana crescita (e emancipazione) della prole!
Cosa deve fare? Seguire la sua strada, il suo naturale istinto di persona che a 31 anni desidera, ama, pensa e sente come chiunque altro e quindi come i suoi genitori. Perchè loro si e lei no? Cosa ha il diritto di toglierle questa chance? Niente e nessuno. Nemmeno gli affetti e il legame (che rimarranno) per i suoi e la sua famiglia.
Cordiali saluti
Federico Baranzini
Gentile Artemis
purtroppo devo ammettere che la lunghezza del suo racconto ha scoraggiato molti dei miei colleghi.
In ogni caso non è semplice rispondere alla sua domanda: cosa ha? Difficile dirlo senza una consultazione. Purtroppo se lei non si mette nella condizione di poter essere aiutata, allora sarà alquanto difficile poterle dare una risposta e quindi, una “mano”.
Forse aspetti di immaturità caratteriale? Tratti passivo-aggressivi? Infantilismo associato a onnipotenza narcisistica? Si forse potrebbe rientrare nella categoria dei Disturbi di Personalità ma più che cercare di “rassicurarsi” con l’applicazione di etichette diagnostiche provi a pensare come potrebbe stare meglio con il giusto e corretto aiuto.
Coraggio, non si avvilisca o compianga.
Cordiali saluti
Federico Baranzini