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dr.ssa Francesca Chiara Pellini.
Mia madre dice non mi si può parlare
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Sono una ragazza di 19 anni, quest’anno ho iniziato il primo anno di università. Non venendo da un ambiente scolastico tranquillo e sereno ho preferito tagliare tutti i ponti con le mie compagne di classe con cui non mi sono trovata bene per cinque anni.
L’ambito universitario è completamente diverso da quello scolastico ma comunque non ho trovato vere amicizie e così sono stata depressa per tre mesi causa la solitudine. Adesso ho iniziato a frequentare un corso di teatro per cercare di aprirmi con gli altri e a fare volontariato per sentirmi importante per qualcuno.
Ho trovato degli amici della mia età e finalmente quando mi guardo allo specchio mi piaccio. Nonostate ciò sento che c’è qualcosa che non va. Io l’ho associato al fatto che di recente una persona a cui tenevo moltissimo e che mi ha aiutata a crescere mi ha delusa profondamente.
Mia madre mi dice che sono isterica e che non mi si può parlare ma io di queste cose non me ne rendo conto. Ho provato a parlare della delusione che provo in questo momento e di quanto mi senta persa senza quella persona ma lei si è offesa e non vuole ascoltarmi.
Cosa mi sta succedendo? Sto solo cambiando e non me ne rendo conto?Buongiorno Athena, vista la fatica che sta facendo nell’aprirsi agli altri, innanzitutto la ringrazio per lo sforzo che ha fatto ad aprirsi con noi, immagino quanto le sia costato, ma già questo è indice di una grande maturità da parte sua: si sta rendendo conto di un aspetto del suo carattere che non va ed è disposta a fare sacrifici per cambiarlo.
Probabilmente Lei ha sempre avuto difficoltà a fidarsi degli altri ed a socializzare, magari perchè è più sensibile rispetto alla “media” e le delusioni inevitabili che le relazioni portano con sé le “bruciano più che ad altri.
Senza nessun intento polemico mi domando: una classe scolastica ed una scuola sono formate da molte persone, se in parecchi anni lei non ha ritenuto opportuno aprirsi con nessuno, non sarà forse stata un pochino eccessiva la sua diffidenza ? e all’Università la storia si sta ripetendo….. io rifletterei…..
Sta dicendo che non ha trovato “vere” amicizie: fossi in lei mi domanderei seriamente cosa intende per “vere”, cosa chiede alle persone, per essere suoi amici…. non sarà forse che lei è una ragazza “di altri tempi”: troppo “profonda”, per la società di oggi, che pretende troppo dagli altri, come da se stessa….
Ci sono persone che hanno come filosofia di vita:”pochi (in questo caso amici), ma “buoni”, oppure:”meglio soli che mal accompagnati, ma questo, purtroppo, non mi sembra il suo caso, visto che Lei è già andata in depressione tre mesi per solitudine, lei sola con un buon libro e la radio, a lungo termine sta male….La solitudine, per lei, non è una condizione che cerca per carattere, è una via di fuga dalle conseguenze spiacevoli di un’eventuale delusione, peccato che questa via di fuga non sia attualmente funzionale al suo benessere…. anzi…..
A questo punto io porrei me stessa di fronte ad una scelta: mi domanderei se non sia il caso di partire con relazioni anche più “superficiali”, giusto per allenarmi a mettermi in gioco, eventualmente anche a “scottarmi”, senza soffrirci troppo, se poi trovo la profondità e la sensibilità che cercherei nell’altro tanto meglio, ma è un “di più” non scontato, se non inizio un rapporto non posso neanche scoprire che c’è e, se anche non ci fosse, l’esperienza sarà comunque servita come allenamento nei rapporti e rafforzamento delle proprie abilità sociali, che non è mai poco…..
Consiglierei anche di indagare, tramite una Psicoterapia, i motivi che la portano a nutrire aspettative tanto alte nei confronti del prossimo (e di se stessa ? probabilmente sì….)
Quanto alla persona che l’ha delusa, suggerirei, se concretamente realizzabile, un ulteriore pacato confronto con lei, magari con un “mediatore” o per lettera, così da poter meglio modulare le sue emozioni negative.
In questo modo, Lei, Athena, avrebbe due vantaggi: potrebbe esprimere, sia pure in forma attenuata, le sue emozioni negative, rendendole automaticament meno dolorose per lei, già perchè le ha esternate e non le ha tenute dentro, secondariamente, ora, a mente più “fredda”, perchè è trascorso un pochino più di tempo dall’accaduto, potrebbe valutare meglio il punto di vista dell’altro, capire che ci possono essere stati dei fraintendimenti, degli errori involontari, magari anche delle piccole cattiverie volute delle parole o dei comportamenti che hanno ferito, delle imperfezioni che nell’altro infastidiscono molto, ma non vale sempre la pena di buttare all’aria definitivamente e senza appello un rapporto solo per questo, anche perchè, a volte, in quelle esperienze, c’è stato anche del positivo che, però, da arrabbiati e feriti quali siamo ora, tendiamo, anche involontariamente a dimenticare.
Un ulteriore punto che affronterei in Psicoterapia è come sia possibile che, anche ammesso che lei Athena, abbia ragione al 100%, riguardo a quella specifica persona che l’ha delusa e non se la senta più di ripartire con lei, tali ferite psicologiche vadano automaticamente ad impattare sulla sua modalità di relazionarsi a tutto il suo éntourage in generale.
Nella mente di un adulto senza disagio queste generalizzazioni non dovrebbero essere naturali e scattare inevitabilmente, senza che, magari, ci sia totale consapevolezza e controllo, se in lei, invece, questo avviene, è sintomo di un disagio, che, a mio parere, andrebbe, senza dubbio risolto, insieme a qualcun altro, per il suo bene, presente e futuro. (se non si rafforza, ad esempio, se non impara ad accettare un po’ di più gli altri per come sono, potrebbe rischiare di rompere anche una relazione amorosa alla prima delusione, spiacevole, non crede ?)
Terzo punto: sua madre: anche qui: può darsi che:”isterica” sia per la mamma solo un modo un po’all’antica di dire “ipersensibile” (in effetti, nell’800 e all’inizio del 900′ l’isteria era considerata una malattia, che consisteva nell’avere reazioni emotive esagerate a fatti che accadono nella quotidianità, solo oggi il termine ha assunto una connotazione offensiva, ma fino al secondo dopoguerra non l’aveva, :”Anna è isterica” era come dire “Anna ha mal di denti…)
Al di là del fatto che oggi usare questo termine risulta offensivo, quindi la mamma sbaglia, lei non si riconosce un pochino in ciò che sua madre dice, se letto come eccessiva sensibilità emotiva ?
Se, comprensibilmente le scoccia che sua mamma non la ascolti, quando lei tenta di spiegarle cosa prova, in seguito alla delusione patita, e su questo ha tutta la mia comprensione, provi a scriverglielo per lettera, anche perchè se parlate rischiate di litigare: la mamma le dà dell’isterica, lei giustamente si offende, se la prende ancora di più, la mamma trova ulteriore conferma alle sue ipotesi, glielo fa notare e l’escalation emotiva si trascina ad oltranza, invece con la lettera lei è costretta a “soppesare” le parole, la mamma non ce l’ha direttamente davanti, presumibilmente anche sua madre rifletterà da sola e modererà il linguaggio, risultato: tutto si smorzerà e avrà toni più pacati, quindi più positivi.
Un ultimo ed importante lavoro che farei con lei in terapia sarebbe comunque che insieme imparassimo a “lasciarci scivolare addosso”almeno alcuni giudizi e comportamenti che le persone (mamma compresa) hanno nei nostri confronti.
E’ certamente importante che una madre apprezzi una figlia, ma a diciannove anni, ormai, si dovrebbe aver capito che ogni madre ha i suoi difetti, può anche dare giudizi sbagliati…. crescere significa anche far sì che l’autostima non ne risulti scalfita nel profondo, ma magari solo temporaneamente incrinata.
Se Lei, Athena, volesse crescere anche in questo senso, la Psicoterapia potrebbe certamente aiutarla.
In bocca al lupo !
Ci riscriva, se ne sente il bisogno.
Dott.ssa Francesca Chiara Pellini